Il Dojo-Yamaguma Dojo Pavullo

Yamaguma Dojo Pavullo

Il Dojo

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Il Maestro con Andrea, uno dei suoi primi allievi e prima cintura nera dello Yamaguma Dojo.
 

Cosa significa Dojo?
Dojo è un termine giapponese che significa etimologicamente luogo ( jo ) dove si segue la via ( do ). In origine il termine, ereditato dalla tradizione buddhista cinese, indicava il luogo in cui il Buddha ottenne il risveglio e per estensione i luoghi deputati alla pratica religiosa nei templi buddhisti.
Il termine venne poi adottato nel mondo militare e nella pratica del Bujutsu, che durante il periodo Tokugawa fu influenzata dalla tradizione Zen, perciò è a tutt'oggi diffuso nell'ambiente delle arti marziali.
Nel budo è lo spazio in cui si svolge l'allenamento ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l'arte marziale; tale ultimo aspetto è proprio della cultura buddhista cinese e giapponese, che individua il dojo quale luogo dell'isolamento e della meditazione.
I dojo erano spesso piccoli locali situati nelle vicinanza di un tempio o di un castello, ai margini delle foreste, perché i segreti delle tecniche venissero più facilmente preservati.
Con la diffusione delle arti marziali sorsero numerosi dojo che venivano in molti casi considerati da maestri e praticanti una seconda casa; abbelliti con lavori di calligrafia e oggetti artistici preparati dagli stessi allievi, essi eprimevano appieno l'atmosfera di dignità che vi regnava; talvolta su di una parete veniva posto uno scrigno, simbolo che il dojo era dedicato ai più alti valori e alle virtù del Do, non soltanto all'esercizio fisico. In altri dojo si trovavano gli altari detti kamiza (sede degli Dei), riferiti non a divinità ma al ricordo di un grande maestro defunto. Il dojo rappresenta un luogo di meditazione, concentrazione, apprendimento, amicizia e rispetto, è il simbolo della Via dell'arte marziale.
In Occidente questo termine viene impropriamente tradotto in palestra ed inteso unicamente come spazio per l'allenamento, mentre nella cultura orientale il dojo è il luogo nel quale si può raggiungere, seguendo la Via, la perfetta unità tra zen (mente) e ken (corpo) e, quindi, il perfetto equilibrio psicofisico, massima realizzazione della propria individualità.
Il dojo è la scuola del sensei (maestro): egli ne rappresenta il vertice e sue sono le direttive e le norme di buon andamento della stessa; oltre al maestro ci sono altri insegnanti, suoi allievi, ed i senpai (allievi anziani di grado) che svolgono un importante ruolo: il loro comportamento quotidiano rappresenta l'esempio che deve guidare gli altri praticanti; quando un sempai non si cura del proprio comportamento diventa un danno per tutta la scuola. Nessun allievo avanzato prende dal dojo più di quanto esso non dia a sua volta: il dojo non è semplice spazio ma anche immagine di un atteggiamento.
I dojo della Via si differenziano in questo aspetto dai normali spazi sportivi: l'esercizio fisico può anche essere il medesimo ma è la riceca del giusto atteggiamento che consente di progredire. L'allievo entra nel dojo e deve lasciare alle spalle tutti i problemi della quotidianità, purificarsi la mente e concentrarsi sull'allenamento per superare i propri limiti e le proprie insiscurezze, in un costante confronto con sé stesso.
Il dojo è come una piccola società, con regole ben precise che devono essere rispettate. Quando gli allievi indossano il kimono diventano tutti uguali; la loro condizione sociale o professionale viene lasciata negli spogliatoi, per il maestro essi sono tutti sullo stesso piano. Si apprende con le tecniche una serie di norme, che vanno dalla cura della persona e del kimono (che mostra solo l'emblema della scuola), al fatto di non urlare, non sporcare, non fumare, non portare orecchini od altri abbellimenti (per evitare di ferirsi o di ferire), al fatto di comportarsi educatamente sino all'acquisizione dell'etica dell'arte marziale che discende da quella arcaico-feudale dei samurai: il Bushido o Via del guerriero .
Il coraggio, la gentilezza, il reciproco aiuto, il rispetto di se stessi e degli altri sono dettami che entrano a far parte del bagaglio culturale dell'allievo. Nel dojo non si usa la violenza: non per nulla le arti marziali enfatizzano la forza mentale e non quella fisica, condannata prima o poi ad affievolirsi.
Si entra e si esce dal dojo inchinandosi: un segno di rispetto verso l'arte del ringraziamento per tutto ciò che di valido essa ha offerto.
Anticamente (e ancora oggi) nel dojo veniva eseguito il rito del soji (pulizia): gli allievi, usando scope e strofinacci, pulivano l'ambiente, lasciandolo in ordine per i succesivi allenamenti. Tale gesto è il simbolo della purificazione del corpo e della mente: i praticanti si preparano ad affrontare il mondo esterno con umiltà, dote necessaria per apprendere e per insegnare l'arte marziale.

Cosa significa Yamaguma?

Yama significa Montagna e Kuma significa orso. In giapponese quando si uniscono due parole per armonizzarne il suono si può cambiare l'iniziale della seconda e così Yama+Kuma diventa Yamaguma, ovvero Orso di Montagna.
Questo nome viene dal fatto che l'orso è l'animale Totem (o animale guida o comunque l'animale preferito) del M° Manicardi. Montagna viene ovviamente dal fatto che il dojo si trova a Pavullo, infatti nel logo potete notare il Cimone sullo sfondo e l'orso in primo piano.
I 4 Kanji (ideogrammi giapponesi) che vedete sulla destra del logo significano rispettivamente (partendo dall'alto): Yama - Kuma - Do - Jo.
Yamaguma Dojo nasce nel 2009 grazie anche all'aiuto iniziale e al sostegno morale del M° Luppi dell'Aikido Dojo Modena ed alla disponibilità del Comune di Pavullo che ha messo a disposizione un luogo per gli allenamenti.
Yamaguma Dojo Pavullo è un sogno del M° Manicardi che si realizza.

 

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